Carla Rezzuti

…e il naufragar m’è dolce in questo mare
16 novembre_7 dicembre 2011

I FIORI DEL MARE

Mario Franco

Introducendo una precedente mostra di Clara Rezzuti, intitolai il mio scritto “Mon coeur mis à nu”, citando un celebre verso di Baudelaire, poiché mi sembrava che la sua biografia, “messa a nudo” con passione e consapevolezza, costituisse il filo rosso in grado di collegare le sue esperienze artistiche in un’ampia varietà di stili e generi. L’esser stata la nipotina di Brancaccio che gioca da bimba nei giardini dell’Accademia di Belle Arti e poi l’allieva diligente, ammirata e premiata, dello stesso Brancaccio e di Emilio Notte, ha segnato la sua vita. Clara è stata vicina e partecipe di ogni nuova conquista, di ogni nuovo movimento artistico, nell’Accademia di Napoli, con originalità e convinta adesione. E la sua è stata un’avventura complicata dal suo esser donna. Mentre i pittori stilavano proclami e manifesti, interessando critici ed esegeti, le donne artiste, per lungo tempo, sono state relegate nel ruolo convenzionale di muse ispiratrici o di consorti del compagno protagonista. Con talento, ma con difficoltà e sacrificio, la Rezzuti ha poi affermato, negli anni, la sua forza poetica e la sua sensibilità d’artista, ricevendo attenzioni e gratificazioni.

Oggi, guardando questi suoi nuovi lavori, ho pensato di nuovo a Baudelaire, ed ai suoi versi dedicati al mare: «Il mare è il tuo specchio; tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima». Cosa è, infatti, questo universo marino popolato di fantastiche creature immaginarie, di pesci coloratissimi e chimerici, se non «scrigni di memoria, gioielli meravigliosi fatti di astri e di etere» che vivono nella fantasia, nella memoria, nei sensibili sogni di una donna che ama il mare come ama la vita, e in esso si specchia e si identifica.

I pesci di Clara Rezzuti si inseriscono a pieno titolo nella tradizione dei bestiari fantastici, che utilizzano le caratteristiche e le proprietà naturali e soprannaturali di animali irreali, secondo le tradizioni che partono dalle cattedrali del Medioevo, se non addirittura da quella che si crede il primo “bestiario fantastico”: il Physiologus, scritto probabilmente nella seconda metà del II secolo d.C. ad Alessandria. Ma esempi di animali metamorfizzati si ritrovano anche nelle moderne letterature, da Guillaume Apollinaire a, ovviamente, Jorge Luis Borges. Il suo “Manuale di zoologia fantastica”, è un libro fra i più interessanti del geniale scrittore argentino: fra le maglie del suo dottissimo gioco letterario si intravedono profondi abissi teologici. E teologica del resto è anche l’ispirazione di Clara Rezzuti (senza dimenticare che il pesce è stato a lungo un simbolo del cristianesimo), il panteismo che le permette di ibridare fauna e flora, così come la tecnica pittorica le consente l’ibridazione di colori e collages, trasparenze vitree e opacità quasi minerarie. Così, pesci fantastici e mitologici come le sirene, nuotano con una varietà tutta napoletana, che ricorda il catalogo del “Guarracino” che si azzuffa per la bella “sardella”, scompigliando il placido Tirreno. Se Borges, a proposito del drago affermava: «Ignoriamo il senso del drago, come ignoriamo il senso dell’universo; ma c’è qualcosa, nella sua immagine, che s’accorda con l’immaginazione degli uomini», possiamo dire che le profondità marine, con il loro brulicare di vita misteriosa, ci fanno riflettere sulla folla dei pensieri e delle fantasie che popolano la mente di un’artista.

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