Eva Jospin

foreste
22 settembre_5 novembre 2011

I preziosi cartoni di Eva Jospin

Tra le funzioni dell’arte, l’illusione di un paesaggio chiuso- il piccolo giardino della Vergine nelle Annunciazioni o la geometrica foresta simbolista che ripara Mélisande- è cio’che offre le sensazioni contrastanti più inattese : la tenerezza della protezione o la costrizione dell’arresto. Il rifugio o la prigione : la foresta impone questa alternativa poetica.

Guardare una foresta è un’esperienza visiva che sfida le leggi della prospettiva che presiedono alla rappresentazione occidentale. Affontare visualmente la profondità di una foresta, è un dimenticare l’orizzonte, é in effetti un perdersi. Perdersi : non è il solo pericolo che si lega a questo labirinto naturale che è una foresta ?

Eva Jospin non dimentica niente della posta in gioco che giace nel fondo dei suoi sottoboschi, sotto il fogliame e le radure : resituire un groviglio senza fine, eccedere nella virtuosità dello strappo e del taglio, le illusioni della profondità, sperimentare i limiti di una cornice e di una superficie per ingannare l’occhio.

Impresa rara, lavoro inaudito, inconcepibile se si dovesse descrivere per lodarlo. Perché come si puo’ immaginare il lento processo di realizzazione, il lavoro accanito per trasformare dei materiali poveri ( il cartone, parola che designa tanto un materiale che un contenente) in un magistrale composto, sito prezioso che dispiega i suoi alberi, le sue erbe e i suoi fiori come delicate filigrane dismisuratamente ingrandite.

Ricordi e suggestioni sorgono quando lo sguardo percorre questi ondeggiamenti in cartone di cui il ritaglio svela impudicamente il segreto intimo di strati ondulati. Ma in primo luogo è all’arte romana che si pensa. Tale che il calcare lavorato per dei capitelli, delle colonne dei chiostri, il cartone è scolpito per fornire in uno spazio costretto e schiacciato il massimo dell’illusione e delle figure. E’ l’altezza del pannello che permette la profondità , è lo spessore dei vari strati incollati che garantisce la lontananza dei sotto boschi. Eva Jospin sembra ritrovare cosi’ nei suoi stupefacenti intagli di un cartone ordinario le antiche procedure dei pannelli reliquiari o delle teche medievali- metalli preziosi schiacciati, lavorati a cesello sbalzati o dentellati sul malleabile avorio- ma estesi a misura di una parete di una galleria d’arte o museo d’arte contemporanea. Le procedure sono le stesse : anticipare lo spazio per condensare, astrarre le forme per concentrare, osservare la natura per creare illusioni.

Eva Jospin medievale contemporanea.

Dominique Païni

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