Klaus Pinter

corps en rotation
8 marzo_24 aprile 2008

Dopo la presentazione alla stampa (sabato 23 febbraio) e la conversazione (sabato 1 marzo) di Renato De Fusco sulle avanguardie a Napoli negli anni del ‘vecchio’ Al Blu di Prussia (1943-1957), sabato 8 marzo, si inaugura la stagione delle mostre nel nuovo spaziomultidisciplinare (arte,architettura, design, libri, cinema, musica, teatro, fotografia) in via Filangieri 42 che richiama lo storico marchio dell’antica galleria.
Sarà un artista internazionale come Klaus Pinter (nato nel 1940 in Austria, a Scharding) ad inaugurare la nuova galleria con una mostra che – sull’onda del grande successo riportato recentemente a Parigi (alla galleria Pièce unique) e a Linz -arriva a Napoli: come scrive Yves Kobry nell’accluso testo che è nel catalogo che sarà diffuso in occasione della mostra, Pinter è  considerato il precursore delle installazioni, e una “sintesi volatile di Jean Baudrillard e Alfred Jarry”.
Questa “Al Blu di Prussia” è la prima esposizione in Italia dell’artista austriaco, che presenta le sue opere quasi esclusivamente in spazi museali (Beaubourg, Moma), edifici storici (come il Pantheon parigino), istituti di cultura e quasi mai nelle gallerie: a Napoli – la mostra è curata da Marussa Gravagnuolo e Christine Lahoud – Pinter espone una megascultura rigida fatta di materiale plastico e trasparente, una maquette  di un progetto, una piccola scultura – anche questa nel segno della trasparenza e del plexiglass – e dodici quadri alle pareti. L’inaugurazione è in programma alle 17.00 di sabato 8 marzo, e sarà preceduta in mattinata, alle 11,30 da un incontro-conferenza stampa dell’artista con i giornalisti.

 

 

Galleria

Galleria Opere

Klaus Pinter e le sue curiose macchine volanti. L’approccio artistico di Klaus Pinter è così distintivo, particolare e stravagante così come le sue installazioni, che, per più di quarant’anni, sono state libere da mode di passaggio con fluidità, plasticità, leggerezza e umorismo, nate lontano dalle correnti estetiche del tempo, tanto da non subirne il fascino. Nel fondare nel 1967 il gruppo Haus-Richer&Co a Vienna con due architetti, Pinter si colloca ai margini della pura arte formale e lavora autonomamente. Fu un precursore dell’”installazione”, in altre parole la connotazione di un’opera in una data situazione o contesto (persino virtuale). A partire dalle sue prime strutture “Pneumatic”, la vena creativa fu ispirata, se non assimilata, dal poeta. E attraverso la sua carriera egli ha portato avanti questa visione con consistenza e rigore, in forme e modi che sono continuamente reinventati. La natura delle sue installazioni i “Pneumatic” dev’essere attualmente intesa come un senso etimologico, come un soffio vitale, un’anima; e non solamente perché esse sono intrise di un processo ideale, ma perché esse sorvolano (e alcune volte entrano in collisione) con la storia e la cultura. Queste effimere installazioni, reali o utopiche, dialogano con il passato.

Collision Berlin-Centre, 2005, è una grande semi-traslucida sfera che lievita in un’abside della chiesa barocca più antica di Berlino, la Parrochialkirche, che il passare del tempo e la guerra ha privato del suo stucco decorativo, facendola sembrare una costruzione Romanica. La grande bolla, che riflette la luce e fa eco alla sobrietà del posto, contrasta, con la sua delicatezza, la pesantezza della pietra e la sua carica di storia.

La Conquete de l’air, 2006, che fu creata in occasione dell’anno di Mozart a Vienna, segna un cambio di registro e della tonalità. Contemporaneamente alla leggerezza eterea del compositore, Pinter celebra il centenario dell’Illuminismo e la follia ludica del Rococò. Nella corte interna dell’Albertina, installa una struttura gonfiabile e trasparente che con le sue forme suggerisce una mongolfiera, alludendo al fatto che al tempo di Mozart, che vide la cultura attingere un successivo livello di raffinatezza, corrispose un periodo durante il quale la civilizzazione industriale fu smantellata, e quando gli uomini furono in grado, per la prima volta, di superare la gravità terrestre. La bolla imprigionata, di un’eleganza e una purezza cristallina, fu arricchita da elementi burleschi, ossia sedie e frammenti decorativi dorati che producono l’effetto di una pioggia d’asteroidi.

E sarà anche, senza dubbio, ricordato per l’imponente installazione Rebonds che Pinter creò a Parigi nel 2002 per la severa maestosa struttura del Pantheon. In questo tempio gelido della Repubblica, disegnato da Soufflot e completato da Quatremere de Quiny, che celebra i Grandi Uomini e fissa nel marmo i canoni estetici del neoclassicismo, Pinter introduce la malizia del manierismo. La sua gigantesca struttura pneumatica, montata su armature elicoidali, e posta nel centro della navata, riproduce la decorazione della volta concava dell’edificio in una non forma convessa. Riflessi illusionistici o rimandi storici?

Rotor, 2007, è una sorta di “ macchina celebrativa” disegnata per la Galleria Piece Unique in Rue Jaques Callot a Parigi. A differenza delle sue precedenti installazioni, questa scultura non è concepita per un luogo storico, ma è superbamente insinuata in questo spazio chiuso della galleria come un oggetto volante non identificato fatto da quattro sfere di differenti grandezze in una virtuale rotazione su un asse obliquo. L’aspetto meccanico del lavoro, la precisione del disegno e il rigore della sua esecuzione conferiscono alla scultura un carattere industriale reminescenza di produzione industriale. Ma il suo sviluppo pneumatico, sapientemente piegato, gli dona un aspetto giocoso che evoca un gigantesco ciclista in un equilibrio precario, sormontato da un preservativo. E’ un’elica rotante, una libellula gigante venuta da altri luoghi e tempi, un paracadute extraterrestre o un modello per una nuova torre di Pisa, che sarà presto costruito a Shangai o Dubai? Difficile dirlo. Infatti, quest’oggetto non identificabile fa più pensare all’idea della prima macchina volante immaginata da Leonardo Da Vinci. O potrebbe rimandare alle sculture elicoidali di plexiglass dei fratelli Gabo e Pevsner, tra queste c’è qualcosa di delirante e barocco ben lontano dall’austerità costruttivista.

E’ sconcertante, ma anche affascinante, il lavoro di Pinter, e c’è chi pensa che la sua originalità sia la precisione che è il segno distintivo dell’ingegnere o di un architetto, combinato all’immaginazione del poeta e al sano gusto della derisione. Allora, tutto considerato, Klaus Pinter non è un artista extraterrestre ma una sintesi volatile di Jean Baudrillard, del Prof. Tourmesol e di Alfred Jarry.

Yves Kobry