Lorenzo Perrone

libri bianchi
3 marzo_3 aprile 2010

A prima vista Perrone, lavora con un procedimento a contrario: prende libri veri, li spoglia di tutto il contenuto, li rende oggetti apparentemente anonimi.

Per garlo usa una serie di nemici patologici del libro: anime di metallo, colle, gesso, vernice bianca. Con questi strumenti, infierisce selvaggiamente sulle sue povere parole, fino a cancellarle in toto.

E’ un lavoro ossessivo, un po’ angoscioso e un po’ furioso come tutte le ossessioni, dove quella che inizia come una sottrazione diventa vera e propria scarnificazione. Tanto che alla fine, dopo una lunga sequenza di trattamenti ottiene un oggetto totalmente disanimato: non c’ è più un titolo, non un autore, non una parola. Ma la forma primaria, inequivocabile dell’ oggetto libro è rimasta intattae nei Libri Bianchi di Perrone si trova il senso ultimo della scrittura: la pagina bianca, tutta da completare, l’ anima pura della creazione libraria. Non a caso, adolescente, Perrone ha frequentato la scuola del libro dell’ Umanitaria dove, sotto la guida di Albe Steiner, si apprendeva a divenire tipografi, grafici, rilegatori come quei maestri artigianii che da Tallone a Maestri, a Upiglio, hanno fatto grande l’ arte libraria italiana del secondo novecento..

Con la sua tecnica di scultore, Perrone riempie i libri di significati ulteriori: alcuni profondi, in qualche caso angosciosi come l’ Anna P. per il secondo terzo anniversario dell’ assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaja, oppure Arcipelago Gulag, col suo filo spinato che ci lascia senza fiato. Ma per fortuna ce ne sono di allegri, come il simpatico Five books with a tag o il lievissimo Nido; e poi quelli scherzosi: Regata, con le sue barchette da adolescente e il dolcissimo

In Love, con le pagine che si toccano a formare un cuore; oppure Trame dove le pagine sono attraversate da più fili ed infine un omaggio alla città che ospita questa mostra: Spaccanapoli.

Insomma in questi libri, c’ è la vita, in tutte le sue infinite sfaccettature.

Alla fine, dopo tutte queste vicissitudini, questi Libri Bianchi hanno ripreso

Appieno la loro funzione semantica. Meno male.

Andrea Kerbaker

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