Valerio Berruti

out of your own
a cura di Maria Savarese
19 ottobre 2017_20 gennaio 2018

FRA BELLEZZA E VERITA’: L’ARTE DI VALERIO BERRUTI

Ho iniziato a dialogare con Valerio Berruti sull’idea di presentare per la prima volta a Napoli un suo progetto artistico durante una magnifica giornata di circa due anni fa trascorsa nel suo studio a Verduno nelle Langhe, in una chiesa del XVII dove lavora e che acquistò quando aveva solo diciotto anni.

Così è nato Out of your own, un racconto articolato fra video animazione, affreschi, disegni ed un libro, in cui Valerio ha sviluppato il discorso cominciato con Paradise Lost, mostra realizzata nel 2016 fra Milano e Verona.

L’allestimento dell’esposizione napoletana completamente inedita è risultato di grande impatto visivo ed immersivo: sedici grandi arazzi (affreschi su juta) che hanno occupato la parte centrale dello spazio principale della galleria in modo da far girare intorno il visitatore e vedere i bambini in un gioco di riflessi e specchi, mentre nell’ambiente più piccolo, alle pareti, una serie di disegni selezionati fra i 110 che compongono l’omonima video animazione. Nella sala cinema sono stati proiettati tutti i suoi lavori video realizzati nel corso degli anni, sin da quando nel 2005 scoprì – a seguito della propria selezione all’International Studio and Curatorial Program di New York – l’importanza di dare tridimensionalità e movimento al disegno.

Affresco, disegno, video, scrittura e musica: Berruti non è nuovo alla contaminazione dei diversi linguaggi dell’arte, perchè quest’ultima per lui deve avere come principale scopo quello di arrivare e comunicare quanto è più possibile al fruitore: infatti, non a caso, nel 2009 invitato alla Biennale di Venezia come pittore, presentò la video animazione La figlia di Isacco con la colonna sonora scritta apposta da Paolo Conte.

Ed anche per questo suo ultimo lavoro animato che dà il titolo alla mostra, presentato in anteprima mondiale al Museo Madre di Napoli, è stata la nota pop singer Joan As Police Woman a comporre la musica e, per la prima volta, anche un testo. Joan, la quale, come Valerio attraversa e utilizza diversi linguaggi, suona e varia molteplici strumenti musicali (ed è solo uno degli aspetti in comune fra i due artisti).

Valerio Berruti ha fatto dell’infanzia la cifra poetica del suo disegno cominciando proprio dagli album di famiglia.

Ma basta uno sguardo più attento per capire che questa attenzione per quel momento della vita in realtà è un pretesto per guardarci dentro, spesso incapaci di dialogare con noi stessi barattando la curiosità, l’interesse, la spontaneità con l’effimera finzione dell’essere adulti.

I bambini di Berruti hanno sguardi indifesi e dolcissimi, colmi di pensieri: per alcuni possono sembrare tristi, per altri solo seri, ma certamente sono consapevoli di quel tempo indefinito xhw si trovano ed in cui tutto può ancora avvenire.

Come in Paradise Lost, anche in questo nuovo ciclo di opere, il suo interesse si concentra sull’interazione tra il bambino e la sua ombra, intesa come proiezione e altro da sé, sia metaforicamente che realmente, ma anche come “lato oscuro” che c’è in ognuno di noi.

Attraverso una narrazione artistica fortemente emotiva ed emozionale, ecco che il bimbo di Berruti scopre l’ombra, una delle più importanti rivelazioni della vita di ognuno di noi, ed è curioso, prova a toccarla, ci gioca, poi ne ha paura, ma riesce a superarla con quella leggerezza che solo lo stupore infantile può generare, restituendoci noi stessi e la nostra umanità senza veli né ipocrisie. Il risultato è che lo spettatore entra in una sorta di situazione esperienziale e dialoga con l’opera attraverso lo spazio che la ospita.

L’ombra di Berruti contiene, e va oltre, l’interpretazione psicanalitica di Carl Gustav Jung e gli aspetti della natura istintiva dell’uomo che, per incompatibilità con la forma di vita scelta coscientemente, non vengono vissuti e si uniscono a formare nell’inconscio una personalità parziale relativamente autonoma. Un doppio in costante dialogo con quella parte infantile che è in ognuno di noi. Questa nostra proiezione oscura è soprattutto archetipo e, per dirla come il grande filosofo nolano Giordano Bruno “l’ombra prepara lo sguardo alla luce”. D’altronde che cos’è la pittura, la stessa arte, se non una proiezione di sé?

Dopo un primo superficiale piano di lettura, Out of your own è invece un’istallazione che ne nasconde molte altre e che quindi, per poterne comprendere il vero valore e assaporarne la carica rivoluzionaria, va indagata, decifrata, svelata affresco dopo affresco.

E’ un’opera attraversata da innumerevoli strade, che possono essere apprezzate a fondo solo da chi è capace di “entrarvi” appieno, con occhi aperti alle multiformi sollecitazioni, ai sensi molteplici che vi intrecciano. Perché lì dentro, in quelle storie semplici e ricchissime convivono tutti i linguaggi di Berruti.

Maria Savarese

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Biografia

Valerio Berruti è nato ad Alba in Piemonte nel 1977, laureato in critica d’arte al D.A.M.S. di Torino, vive e lavora a Verduno (CN) in una chiesa sconsacrata del XVII secolo che ha acquistato e restaurato nel 1995. Nel 2004 vince il Premio Celeste e il Premio Pagine Bianche d’Autore della Regione Piemonte, nel 2005 viene selezionato dall’International Studio and Curatorial Program di New York. Nel 2006 realizza l’installazione Se ci fosse la luna per Palazzo Bricherasio a Torino che presenta l’anno successivo sulla facciata di Palazzo Re Enzo a Bologna. Nel 2007 partecipa alla mostra collettiva Uniforms and costumes presso l’Herzliya Museum of Contemporary Art in Israele e al 48′ October Salon di Belgrado, è selezionato per una delle residenze più importanti d’Europa, la Dena Foundation for Contemporary Art a Parigi, e ha inaugurato la mostra Micro-narratives – 48th October Salon, presso il Museo di Arte Contemporanea di Belgrado, curata da Lorand Heigij. Tra gli eventi internazionali del 2008 ricordiamo la mostra personale Magnificat alla Keumsan Gallery di Seoul, la collettiva Detour, presso il Centre Pompidou di Parigi. Nel 2009 espone la sua installazione E più non dimandare, alla Galleria Civica di Modena, nello stesso anno è il più giovane artista del Padiglione Italia della 53.Biennale di Venezia con la video-animazione: La figlia di Isacco, colonna sonora di Paolo Conte. Nel 2010 ha esposto Una Sola Moltitudine alla Fondazione Stelline di Milano e nel 2011 la sua personale Kizuna (con un video con le musiche appositamente realizzate dal maestro Ryuichi Sakamoto) era al Pola Museum di Tokyo. Nel settembre 2011 a Belgrado espone al City Museum, e l’installazione La rivoluzione terrestre, curata da Andrea Viliani, con musiche di Alessandro Mannarino, nella Chiesa di San Domenico ad Alba. Nel 2012 ha esposto la personale Udaka alla Nirox Foundation a Johannesburg, nel 2013 ha esposto allo Spazio NonostanteMarras di Milano, l’installazione Il momento in cui i nostri occhi si incontrano, a cura di Francesca Alfano Miglietti e, nelle Langhe la personale Dove il cielo s’attacca alla collina con testo di Angela Vettese. A ottobre 2013 la mostra Almost Blue a cura di 29 Arts in Progress è allo spazio Helutrans di Singapore. Nel 2014 realizza la copertina dell’ultimo libro di Andrea Bajani La vita non è in ordine alfabetico edito da Einaudi, presenta a Pietrasanta la mostra Così sia; partecipa alla BiennaleItalia-Cina a Pechino, alle rassegne The Intuitionistal al Drawing Center di New York , Resilienze 2.0 a Palazzo Saluzzo a Torino, al XX Premio Cairo con la video animazione Fermati, O Sole!. Nel 2015 la sua opera Udaka è esposta nella mostra Holy Mystery, organizzata alla Chiesa del Santo Volto di Torino, in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone. Recentemente Berruti è stato protagonista su Sky Arte dello speciale “Tra cielo e terra” della serie “Ritratti” a cura di Francesca Priori. Nel 2016 le 5 sculture monumentali Just Kids sono state esposte in Piazza Duomo a Verona in prossimità della meravigliosa Cattedrale romanica di Santa Maria Matricolare mentre la sua mostra Paradise Lost. L’ombra, l’innocenza e il sole nero a cura di Marco Enrico Giacomelli è stata ospitata nelle gallerie MARCOROSSIartecontemporanea di Milano e di Verona. Alla fine dell’anno è uscito in libreria, per Gallucci Editore, il suo libro Come il vento tra i salici: un flipbook formato da 71 tavole che animano l’ormai introvabile traduzione di Beppe Fenoglio di “The Wind in the Willows” di Kenneth Graham.