Massimiliano Foscati

city roots/naples
a cura di Federica Cerami
8 maggio_30 maggio 2008

Davanti all’ultimo lavoro di Massimiliano Foscati CITY ROOTS/Naples, immersi nelle grandi stampe della sua indagine fotografica, siamo immediatamente catapultati nel più attuale dei dibattiti sulla fotografia. Nella comunicazione ed in particolare in quella iconica bidimensionale, per la rappresentazione abbiamo a disposizione uno strumento del corpo abbinato ad uno strumento tecnico.

Cosa accade se, all’improvviso, lo strumento tecnico che ha tanto contribuito a costruire la storia di una determinata forma di comunicazione si evolve in modo molto incisivo e ne cambia i connotati?

Viviamo un periodo nel quale la fotografia digitale ha soppiantato quasi completamente quella analogica lasciando di quest’ultima solo un pallido ricordo. Cartier Bresson sosteneva che “fotografare equivale a porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore”. Ricordare questo pensiero credo sia utile per spianare la strada che può portarci a trovare una risposta al nostro quesito. Credo fortemente che l’evoluzione tecnologica del mezzo di rappresentazione fotografica non abbia influito sul modo di guardare dei fotografi che continuano necessariamente ancora oggi, prima di arrivare allo scatto, a disegnare mentalmente quella magica linea di cui parlava Cartier Bresson.

Possiamo spingere il nostro ragionamento ancora più indietro nel tempo arrivando a Kandinsky quando nel 1912 sosteneva che “Le forme che lo spirito ha tratto dalla dispensa della materia possono essere facilmente classificate in relazione a due poli: la grande astrazione ed il grande realismo”.

Il dibattito sulla attuale identità del medium fotografico corrisponde in toto alla dualità artistica individuata da Kandinsky. La fotografia, infatti, interpreta appieno entrambe le linee di questa dialettica; quella della rappresentazione simbolica e quella della esibizione diretta del reale: il passaggio dall’analogico al digitale, così come sostiene oggi Claudio Marra in “L’immagine infedele” , non ne ha minimamente alterato queste capacità.

Occorre stabilire se oggi l’avvento della tecnologia digitale ha cambiato sia il modo di fotografare che lo sguardo del fotografo, partendo sempre dal presupposto che l’azione creativa fotografica prima che un atto è un’idea espressiva: è questo il vero tema centrale della questione digitale. Un grosso contributo per affrontare questo dibattito ce lo fornisce di certo Foscati nella sua analisi delle “Radici della Città” di Napoli.

Le immagini, realizzate trovando sempre punti di ripresa molto alti, fanno oscillare l’osservatore tra il passato ed il futuro. Da un lato c’è infatti un velato rimando alle vedute fotografiche degli Alinari di inizio novecento ma, dall’altro, osservando le caratteristiche tecniche delle immagini realizzate , proiettano l’osservatore immediatamente nel futuro che è poi in realtà già presente.

Il lavoro è interamente realizzato con una macchina digitale volutamente a bassa risoluzione e la tal cosa comporta, come visibile risultato, una messa in evidenza molto forte dell’elemento che sta alla base della tecnologia digitale ossia il modulo quadrato del pixel.

Questa scelta sottolinea la natura dell’approccio di Foscati che è di tipo concettuale ed è scaturita da una profonda riflessione sul mezzo. Le immagini, si presentano con una valenza che sintetizza gli elementi estetici significanti della città e delle architetture e mette in evidenza la struttura elementare del costruito e dei segni della città.

Ed è così che “City roots”, ossia le radici della città, è una decodificazione utile a rileggere in un altro modo la città ed a fare una sottolineatura ben leggibile della ossatura urbana attraverso il pixel che è al tempo stesso una forma di rappresentazione articolata attraverso il gioco di quadratini multicolorati che tanto ricorda il pointillisme di fine ottocento. Siamo, nel pieno della fotografia digitale, perfettamente inseriti in questo moderno ed affascinante dibattito cui Foscati partecipa raccontandoci quanto questo evoluto strumento di rappresentazione ci può essere utile per imparare a guardare il quotidiano e, per dirla con le parole di Proust, “con occhi nuovi”.

Federica Cerami

Rassegna Stampa